9 Giugno 2022

Un lutto non rielaborato

Adriano Dell’Asta

È docente di lingua e letteratura russa presso l’Università Cattolica. Accademico della Classe di Slavistica della Biblioteca Ambrosiana, è vicepresidente della Fondazione Russia Cristiana.

C’è una sorta di strano connubio che diventa sempre più chiaro ogni giorno che passa, il connubio tra chi nel cuore della pandemia denunciava la presunta dittatura sanitaria imposta dai governi occidentali e chi denuncia oggi il presunto complotto, sempre occidentale, contro la Russia, con il mito di una guerra condotta dall’Ucraina per procura della NATO.

Nella realtà, invece, dovrebbe essere evidente che di questi complotti non v’è traccia, mentre resta soltanto il fatto di milioni di morti evitati grazie ai vaccini e il fatto di un’aggressione consumata dalla Russia contro un paese sovrano.

Dietro questo strano connubio, è stato detto da Massimo Recalcati («La seduzione sovietica», la Repubblica, 30.5.2022), c’è una comune «ostilità innata verso la forma parlamentare della democrazia occidentale» che sarebbe l’esito di una non completa elaborazione del «lutto per la fine di una stagione politica che vedeva nell’Unione Sovietica il faro della libertà dei popoli», così che l’anti-americanismo di un tempo si ripresenta oggi come se un certo mondo fosse ancora «psichicamente bloccato, congelato, immobilizzato» alla fase della guerra fredda.
È un’analisi di grande acutezza e assolutamente incontestabile ma, forse, può essere spinta ancora più in là.

In effetti, a rendere più interessante lo strano connubio di cui si diceva c’è il fatto, ancora più sorprendente e strano, che questo connubio tra complottisti vede spesso sconvolti gli schieramenti di un tempo, tanto che, da una parte, certuni che un tempo sarebbero stati antiamericani sono diventati oggi tutto il contrario e sembrano conquistati soprattutto da una nuova attenzione ai fatti, mentre dall’altra, attestati su posizioni filoputiniane, accanto ai veterostalinisti di una volta, troviamo anche molti rappresentanti delle destre: nuovi populisti e sovranisti, ma persino vecchi anticomunisti, affascinati dalla presunta difesa putiniana dei valori cristiani.

Ma allora, davvero il lutto non rielaborato per il crollo dell’URSS produce mostri, perché, a quanto pare, questa ostilità innata verso la democrazia occidentale non si manifesta soltanto in quella parte della sinistra che, rimasta stalinista e anti-americana, si è persa il mito positivo del comunismo, ma si manifesta anche nella destra che si è persa il mito negativo dell’anticomunismo.

E adesso, che facciamo senza i miti che davano slancio alla nostra vita? Che facciamo senza un Ordine Nuovo, che sia quello promesso dalla rivoluzione comunista o dalla reazione anticomunista?

Come ci insegna la psicoanalisi: quando non si rielabora fino in fondo il proprio lutto si finisce per non vedere più la realtà, e per cercare nuovi miti che diano un senso tranquillizzante alla nostra esistenza: «Si vede quello che non c’è per continuare a immaginare il mondo così com’era una volta, prima che tutto crollasse», quando tutto stava in piedi, tutto era in ordine e tutto era semplice perché vivevamo di miti che ci rendevano semplice la vita: il mito del radioso futuro da sostenere a dispetto della realtà, il mito del nemico da distruggere dopo di che il mondo si sarebbe automaticamente rimesso a posto.

Certo, che il primo fosse un mito oggi è chiaro, ma perché sarebbe stato un mito capace di generare mostri anche l’idea del comunismo o del malvagio da distruggere per rimettere a posto il mondo?
Perché pensando che il problema fondamentale fosse il comunismo si svela l’errore comune a entrambe le posizioni, il loro comune carattere mitologico/ideologico: che il nemico fosse un’idea ritenuta cattiva (o anche effettivamente cattiva) e che bastasse eliminare l’idea cattiva, sostituendola con un’idea buona, per risolvere ogni problema (e per arrivare, come si disse, alla fine della storia), mentre il problema non era l’idea cattiva; cioè non erano gli altri, che, rovinati da un’idea cattiva, diventavano essi stessi cattivi, cioè magari quelli che mangiavano i bambini, come si diceva.

Il problema, il nemico, non era il bolscevico e neppure il bolscevismo, ma il bolscevismo (e il bolscevico) che esiste in ciascuno di noi e ci illude che a salvare il mondo siano le idee e che per salvare il mondo basti eliminare chi non ha le mie stesse idee.

Cioè, ancora, il problema del pensiero mitologico era credere che per vincere l’idea, il mito, bastasse un’idea, un mito migliore: questo allontanava dalla realtà e dal principio della realtà e oggi ci rimanda alla ricerca di nuovi miti: non ci interessa la realtà, come non ci interessava allora. Ci interessano soltanto dei miti di cui vivere senza responsabilità, senza la fatica della libertà: in ordine.

Mentre che altrove ci sia il disordine, che la gente veda distrutte le proprie case, perda la propria libertà, veda minacciata la propria dignità, muoia, in fondo ci interessa molto meno, purché le cose abbiano un ordine che corrisponda al nostro modo di pensare e che la realtà non ci costringa a metterlo in discussione, o a mettere in discussione il nostro benessere.

Ma così se ne va l’unico vero ordine autenticamente umano, che non è quello che ci viene offerto dai potenti, quello che ci assicura una volta per tutte che tutto andrà bene senza mettere in gioco ogni volta la nostra libertà, ma quello che ogni volta ci chiede di interrogarci sul bolscevico che c’è in noi, quello che ci induce a pensare che a salvare il mondo non sono delle idee, neanche quelle che si presentano come cristiane perché, come diceva Dostoevskij, «molti pensano che sia sufficiente credere nella morale di Cristo, per essere cristiano. Non la morale di Cristo, né l’insegnamento di Cristo salveranno il mondo, ma precisamente la fede in ciò, che il Verbo si è fatto carne».

E in questa nuova prospettiva si rimette in gioco la libertà di ciascuno e, al di là di ogni mito o idea, il suo impegno di fronte alle cose e alla realtà.


(E. Savrasov, Il falò dei pionieri, Erarta, S. Pietroburgo)