21 Aprile 2021

Vi dico perché difendo Naval’nyj

Andrej Desnickij

Biblista, traduttore, pubblicista, scrittore, dottore di ricerca in Lettere. Dal 1994 lavora all’Istituto di Studi orientali presso l’Accademia russa delle Scienze.

Mi chiedono perché mi preoccupo per Naval’nyj. La domanda si può dividere in due.

Uno. Perché non mi preoccupo di come se la passano i detenuti in Burundi, Uruguay e Papua Nuova Guinea? Semplicissimo: lì non agiscono a mio nome e con i miei soldi. Io sono un cittadino, abito e pago le tasse nella Federazione russa, dell’Uruguay non rispondo.

Due. Perché proprio per lui, visto che tanti detenuti stanno male e molti sono stati condannati pur essendo innocenti?
Già, è vero. Ma io conosco un solo detenuto nella Federazione russa che abbia catturato l’attenzione del mondo intero (lo dico senza esagerazioni) e nei cui confronti vengono infrante sfacciatamente tutte le norme di legge. Ditemi chi, oltre a lui, è stato processato in una stazione di polizia, seduto su uno sgabello sotto il ritratto di Jagoda?

Si tratta di una prova di forza. Se con lui la va liscia, lo si può fare con chiunque altro. Con voi. Con me. È altamente probabile che non otterremo nulla riguardo ad Aleksej (Dio voglia che mi sbagli). Ma se il prezzo risulterà troppo elevato, la prossima volta con la prossima vittima staranno bene attenti. Il procuratore, il giudice, la guardia carceraria, il semplice sergente di polizia ci penseranno su se vogliono o no entrare nella storia.

Fateci caso: dopo Nemcov non hanno più sparato a nessun altro nel centro di Mosca. Dopo la faccenda degli Skripal’ a Salisbury, non si è sentito di altri avvelenamenti all’estero. Gli è costato troppo caro, di sicuro.

Ma se noi stiamo zitti avremo un nuovo Grande Terrore anche domani. Sì, se vorranno cominceranno… magari un po’ più in là, magari un po’ più graduale, un po’ meno in grande. Ma ognuno di questi «un po’» saranno delle persone.
E poi il tempo è dalla nostra. Forse ne verremo fuori, io e voi.

Ecco, questo è il perché.