17 Maggio 2022

Il pacifismo dei buriati, un esempio per gli altri?

Delfina Boero

L’invasione dell’Ucraina ha portato all’attenzione dei media l’uso dell’esercito federale di costituire battaglioni etnici, delle minoranze non slave della Federazione. Proprio da buriati, di solito usati come carne da cannone, è nata la prima iniziativa pacifista su base etnica, che critica «dal basso» il conflitto.

La Buriazia è una repubblica siberiana della Federazione russa incastonata fra la Mongolia e il lago Bajkal, solcata da grandi fiumi e attraversata da imponenti catene montuose. Su un territorio poco più esteso dell’Italia (351.300 kmq), vivono meno di un milione di abitanti di varie etnie, in maggioranza russi, seguiti dalla popolazione nativa, i buriati. Questi ultimi, di ceppo mongolo, hanno fattezze asiatiche e sono per lo più di tradizione buddista. Alcune comunità buriate sono sparse anche in tutta la Russia e nel mondo.

Questa lontana regione ha un triste primato: dopo il Dagestan è al secondo posto per numero di soldati caduti nella guerra in Ucraina. Alcuni buriati, cercando di individuare le cause di questo fenomeno, hanno indicato la povertà e il razzismo che in molti casi, grazie anche alla martellante propaganda di regime, inducono tanti ragazzi a diventare «combattenti».

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Delfina Boero

È ricercatrice presso la Fondazione Russia Cristiana. Fra i suoi interessi, la storia e la cultura della Repubblica Democratica Tedesca, la vita religiosa e culturale in URSS, nella Federazione Russa e nelle ex Repubbliche sovietiche.

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