24 Ottobre 2016

Fondamentalismi nella Chiesa e offensive laiciste

Salvatore Abbruzzese

La nuova epoca è segnata dal crepuscolo della modernità col suo individualismo radicale, e dal ritorno della Chiesa al centro del panorama culturale. Come leggere, in questa luce, le tensioni interne tra militanza e testimonianza, identità e dialogo.

In un mondo ampiamente globalizzato certi fenomeni non riguardano più soltanto alcune regioni e certi paesi e neppure soltanto alcuni settori sociali, politici o religiosi. A noi oggi può sembrare che il fondamentalismo per antonomasia sia quello religioso e, in particolare, quello islamico, mentre in varie forme e gradi (e pur con grandi differenze) esso si sviluppa in Occidente come in Oriente, ed è presente in tutte le religioni, come anche in tutte le confessioni cristiane.
È importante conoscere questo fenomeno che ci riguarda tutti: capire perché nasce e da quali domande è alimentato, come si evolve, qual è il soggetto cristiano che lo abbraccia, quali ferite e preoccupazioni nasconde. Occorre anche capire il peso specifico che esso ha nella Chiesa, perché di solito i fondamentalisti sono particolarmente attivi così da sembrare più numerosi di quanto sono; e sono spesso rissosi, fanno del conflitto stesso uno strumento per salvaguardare la fede. Al di là della effettiva rilevanza numerica e del fatto che tendenze variamente conservatrici sono sempre esistite nella Chiesa, resta però che il fondamentalismo cattolico e ortodosso vede oggi una forte ripresa e ha queste nuove caratteristiche di marcata conflittualità, che non possono non interrogarci sui motivi nuovi e globali per questo revival. Qui intendiamo parlare proprio del livello più radicale, dei cristiani ultraconservatori di cui papa Francesco ha detto in un’intervista che hanno un posto nella Chiesa, ma che «dicono no a tutto» («La Nación», giugno 2016).
La serie di interventi che verranno ospitati da «La Nuova Europa» affronterà il problema considerandolo da Occidente e da Oriente. Ciascuna parte ha le sue specificità e motivazioni che vanno prese sul serio, per i disagi e problemi che mettono in luce e che non possono essere lasciati senza risposta.

Che l’epoca contemporanea sia caratterizzata da profondi mutamenti è un’ovvietà, ma che ciò comporti anche una revisione delle categorie con le quali analizzare i processi culturali che si producono al suo interno è certamente un po’ meno scontato. Si arriva così molto spesso – ed è del resto del tutto comprensibile su di un piano metodologico – ad analizzare la società presente con gli strumenti concettuali elaborati nel corso dei decenni precedenti, cioè nella seconda metà del XX secolo, senza rendersi conto di quanto lo scenario sociale nel quale i diversi fenomeni si producono sia oramai profondamente mutato. L’analisi delle frizioni, per non dire delle tensioni, che attraversano la Chiesa cattolica e icasticamente rappresentate dal fulmine sulla cupola della basilica di San Pietro all’indomani delle dimissioni di Benedetto XVI, mostra quanto lo scenario socio-culturale contemporaneo porti a rivelare dinamiche inedite all’interno di un conflitto apparentemente già noto in quanto, per molti aspetti, direttamente ereditato dal XIX secolo: quello tra religione e modernità.
I neo-fondamentalismi contemporanei – magistralmente riassunti dall’eccellente e come sempre estremamente documentato contributo di Massimo Introvigne al quale qui si rinvia per intero – debbono pertanto, e necessariamente, essere inquadrati all’interno delle dinamiche di crisi e di ricomposizione che attraversano la società contemporanea. Una società che, dal punto di vista dei processi culturali, se è ancora parte integrante del mondo moderno e quindi dell’ideologia della modernità che lo esprime per intero, vive e si concretizza soprattutto all’interno della crisi che proprio la modernità contemporanea va esprimendo. Quest’ultima, infatti, è poco o nulla riconducibile al nucleo costitutivo che si era affermato nel XIX secolo e contro il quale si scagliava la condanna del Sillabo del 1864.
I fondamentalismi contemporanei, nelle diverse variabili che li attraversano e nei quali convergono istanze diverse ed eterogenee, sono essi stessi parte integrante di una modernità tardiva. Allo stesso modo in cui ne sono parte anche le tappe a marce forzate compiute da gruppi e movimenti laici – in questo momento del tutto interni alla compagine istituzionale e, proprio per questo, poco visibili – nel loro tentativo di restituire all’individuo la più completa e radicale libertà riguardo a tutti i temi che concernono quest’ultimo: dalle dinamiche collegate alla nascita come a quelle connesse al fine vita, passando ovviamente per la determinazione di genere.
Un simile quadro di tipo eminentemente culturale è ben lontano dal limitarsi ad impegnare il semplice dibattito tra riviste specializzate in quanto si produce e si sviluppa dentro una società scossa da due tempeste parallele che attraversano il quadro geo-politico da un lato e quello socio-economico dall’altro.

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Salvatore Abbruzzese

Docente di Sociologia dei processi culturali, Università Statale di Trento.

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