11 Dicembre 2017

I demoni quotidiani. Lettere

Giacomo Foni

I demoni quotidiani. Lettere, 2 voll.
a cura di E. Lo Gatto
Nino Aragno Editore, 2017

Da sempre la grande letteratura è capace di generare stupore, di scuotere gli animi, di catturare e avvincere il lettore, fino a lasciarlo stordito e spaesato – quando l’ultima pagina di un romanzo lo mette di fronte all’oggettiva ineluttabilità della fine; è capace di iniziare un dialogo che non può essere concluso nelle tre dimensioni di un libro, e che può fare anche paura, perché spalanca orizzonti più grandi dell’uomo, che l’uomo non è in grado di controllare. E in fondo è per questo forse – per sconfiggere la vertigine – che schiere di teorici si sono precipitati a dettagliare e puntualizzare, ad affermare che si tratta solamente di sapienti giochi scenici, di un sistema ben congegnato di trucchi ed espedienti, di concatenazioni di ingranaggi che vanno a formare un oggetto – meraviglioso certo, ma pur sempre oggetto – riconducibile a determinate leggi.
Eppure, chiunque abbia gustato veramente un libro, potrà rendersi contro che l’incontro con esso non è l’incontro con un oggetto ma con un soggetto: che c’è una dimensione profondamente personale nell’empatia che si crea tra lettore e romanzo; e che tutti gli ingranaggi tecnici che compongono un testo sono solo il dettaglio anatomico di una struttura che prima di costituire un corpo è originariamente anima.
La grande letteratura è infatti la risposta creativa del grande scrittore alla sua vocazione, il mezzo con cui egli imprime un marchio indelebile nella nostra realtà di carne e sangue: con la finzione racconta la dimensione più intima e personale della sua vita, mette a nudo la sua persona di fronte alla terra intera, pur ricoprendola di maschere e vestiti di ogni tipo.
Quanto detto è tanto più vero per uno dei massimi esponenti della letteratura mondiale, Fëdor Dostoevskij. Nei suoi racconti e romanzi c’è già tutto di lui; conoscerlo e incontrarlo significa soprattutto conoscere e incontrare la sua arte, seguire Raskol’nikov fino alla casa dell’usuraia, sedere in trattoria con Alëša e Dmitrij, commuoversi per il destino infelice di Myškin l’idiota, sorprendersi tiepidi e atterriti come Stavrogin di fronte all’anatema della piccola Matrëša. E non esiste nessuna analisi scientifica e letteraria della figura e delle opere dello scrittore che possa prescindere da questa prima genuina scintilla di stupore. Ma, come in ogni rapporto di vero amore, tale momento sorgivo necessita di un ulteriore sviluppo, una maturazione, un approfondimento. E qui entrano in gioco gli articoli, le memorie, le lettere: non un’appendice superflua, ma il naturale sviluppo di ogni vero cammino di conoscenza.

I demoni quotidiani. Lettere costituisce una preziosa occasione di approfondimento in questo senso. Pubblicata di recente dalla casa editrice Nino Aragno, tale raccolta – di fatto la riedizione dell’Epistolario curato da Ettore Lo Gatto nel 1950 –, racchiude la corrispondenza dal 1837 al 1880, un ampio lasso di tempo in cui vengono toccate tutte le tappe più significative della vita di Dostoevskij. Si tratta di materiale privato, o comunque non pensato per la pubblicazione e la divulgazione; come nota Lo Gatto nella sua introduzione alla raccolta, «non una sola lettera di Dostoevskij fu scritta col pensiero che essa potesse essere letta da altri che non fosse il destinatario o persona a lui vicina, per ragioni insite nel contenuto della lettera stessa».
Ci sono le prime lettere scritte al fratello ai tempi dei corsi di ingegneria militare, in cui un giovanissimo Fëdor espone i suoi progetti letterari, mostrando già, dietro agli entusiasmi e ai capricci dell’adolescenza, una feroce consapevolezza del suo ruolo di «scrittore». C’è l’eccitazione per il primo (seppur illusorio) successo, la pubblicazione nella rivista «Annali patrii» del racconto lungo Povera gente: «i nostri dicono (…) che è un’opera geniale, e cosa ancora non dicono! Con quali speranze guardano tutti a me!» (pp. 94-95). Celebre poi la lettera del 22 dicembre 1849, il giorno della mancata esecuzione, punto di svolta decisivo nella vita e nella carriera di Dostoevskij, che lo scrittore rielaborerà in seguito nel romanzo L’idiota: «Oggi 22 dicembre ci hanno portato sulla piazza Semënov. Lì ci hanno letto la condanna a morte, ci hanno fatto baciare la croce, hanno rotto le spade al di sopra delle nostre teste e ci hanno fatto la toeletta di morte (le camicie bianche). Poi hanno messo i primi tre al palo per l’esecuzione. (…) Finalmente è suonato l’allarme, quelli che erano stati legati al palo sono stati riportati indietro e ci hanno letto che Sua Maestà imperiale ci aveva fatto grazia della vita» (pp. 128-129).

La maggior parte dei due volumi è occupata poi dalle missive scritte dopo la condanna e la deportazione: lettere ad editori, colleghi, di carattere professionale, letterario, familiare. Degne di nota ad esempio quelle scritte durante la permanenza a Wiesbaden, periodo particolarmente critico per lo scrittore, a causa della difficile situazione economica, aggravata dal vizio del gioco che per lunghi anni corroderà la sua serenità familiare e lavorativa: «Anja, cara, mia inapprezzabile, ho perduto tutto. Tutto, tutto! (…) Ho impegnato anche l’anello e il cappotto d’inverno, e ho perduto» (p. 443).
Molto interessante anche la corrispondenza legata alla produzione dei «Grandi Romanzi» (a Majkov e Strachov sui Demoni, a Nikolaj Ljubimov sui Fratelli Karamazov), che costituisce una preziosa fonte esegetica. Non è raro, nota ancora Lo Gatto, che pensieri espressi in queste lettere vadano poi a finire nei romanzi, quasi con le stesse parole.

Seppur non porti nessuna significativa novità dal punto di vista dei commenti e dell’apparato metatestuale, questa nuova edizione ha comunque il merito di «rinfrescare» e riportare all’attenzione dei lettori testi che dopo lunghi anni rischiavano di cadere nel dimenticatoio; una lettura piacevole, che lungi dall’essere solo un compendio per specialisti, può rivelare possibilità feconde di conoscenza per tutti coloro che, in un modo o nell’altro, si sono imbattuti nella figura di Dostoevskij e lo hanno scelto come amico e compagno di una vita.

Giacomo Foni

Ricercatore e traduttore presso la Fondazione Russia Cristiana, vincitore nel 2015 del premio Russia-Italia attraverso i secoli per la traduzione di Lettere ai Nemici del filosofo Nikolaj Berdjaev. Fra i suoi interessi la letteratura e la cultura filosofica russa, la storia della Chiesa, i problemi legati ai rapporti religiosi tra Oriente e Occidente.

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