23 Dicembre 2019

Natale e il cammino dei magi

Sergij Gan’kovskij

L’Onnipotente, che ha tratto dal nulla le creature, ama quanto ha creato, ama e ha compassione dell’uomo impigliato nei lacci delle proprie passioni, e lo ama, ne ha compassione fino al punto di «svuotare se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini».

Intrapresero un lungo cammino i magi, per vedere il Bambino di cui avevano avuto la rivelazione. Incomprensibilmente fulgente, come il segno di una sconosciuta vita futura, la stella li guidò attraverso deserti e rupi scoscese, attraverso pericoli e dolori, attraverso le tentazioni del lungo cammino e gli inciampi dell’intelletto dubbioso. Che cosa dovevano sapere essi del Bambino, per intraprendere, a dispetto di tutto, un cammino così arduo e pericoloso?

Quale speranza li guidava, quale gioia, e promessa da chi a questi sapienti orientali, che tali erano considerati proprio perché a loro, come a nessun altro, era nota la suprema vanità di tutte le gioie terrene, di tutte le speranze umane, di tutte le attese mondane?

Là, nel misterioso e statico Oriente, non si era forse svelata a sapienti, pensatori e poeti, la semplice e insieme profonda verità secondo cui, per indagare il supremo senso della vita, non era affatto indispensabile incamminarsi verso luoghi lontani e sconosciuti? Non sapevano forse essi, filosofi e astrologi, che per acquistare la pace è sufficiente, mantenendo una quiete beata, contemplare per tutta la vita una goccia di rugiada, la corolla di un fiore o un giardino di pietre? Che cosa li indusse a violare le regole non scritte di una consuetudine secolare, ad abbandonare il pigro nirvana dell’Oriente e a dirigersi verso l’Occidente?

Adorazione dei Magi, duomo di Ratisbona, vetrata del coro, XIV sec.

Dio aveva chiamato questi tre uomini ed essi, similmente a pesci che risalgono l’impetuosa corrente quando giunge il tempo della riproduzione, si affrettarono incontro al richiamo di Dio senza esitazioni e dubbi. Evidentemente, grande era il valore di questo andare. Evidentemente, insondabilmente alta era la ricompensa, dal momento che essi, che conoscevano «il volo eccelso angelico e lo strisciar negli abissi dei mostri marini, e il vegetar dei tralci nella valle»1, sentirono il bisogno di un’altra, nuova verità, di un nuovo sapere, fino a quel momento rimasto loro ignoto.

E ottennero quanto cercavano! Proprio per questo, vista la stella, come scrive l’evangelista, «provarono una gioia grandissima» (Mt 2,10). Questa grande gioia si impossessò dei sapienti e astrologi orientali perché ad essi, che sembrava conoscessero già tutto, si svelò una nuova verità su Dio che valeva tutta la loro precedente esperienza di vita, tutto il loro precedente profondo sapere. In quel minuscolo Bambino, adagiato in una mangiatoia per le pecore, avvolto in fasce e così fragile, indifeso, essi riconobbero Dio, il Creatore del mondo, Colui del quale avevano osservato la possente destra, la forza e il potere, contemplando nel cielo notturno le misteriose vie percorse dalle infinite stelle.
E da questa stupefacente, sconvolgente scoperta essi trassero l’unica conclusione giusta: l’Eterno, l’Onnipotente, Colui che con il proprio Verbo creatore aveva tratto dal nulla le creature, ama quanto ha creato, ama e ha compassione dell’uomo impigliato nei lacci delle proprie passioni, e lo ama, ne ha compassione fino al punto di «svuotare se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini» (Fil 2,7).

Natività, duomo di Ratisbona, vetrata del coro, XIV sec.

Loro, i magi, conoscitori dell’animo umano, esperti della natura umana caduca, sapevano perfettamente che mai un forzuto rinunzierà alla propria forza, per compassione del debole. O una bella ragazza non si priverà mai volontariamente del proprio fascino per consolare in questo modo una bruttina. Erano ben consapevoli che un ricco non cederà mai le sue ricchezze ai poveri, perché possano sfamare e riscaldare se stessi e i propri familiari. Essi, che possedevano tutta la sapienza umana, ma vivevano anche nel peccato umano, fino ad allora avevano pensato negli stessi termini anche a Dio: perché mai l’Onnipotente avrebbe dovuto farsi debole e misero, perché Colui che regge l’universo avrebbe dovuto nascere in una stalla dismessa, e non, diciamo, in un palazzo regale?
Ed ecco che compresero, perché! Perché «Dio è amore» (1Gv 4,8). Compresero che Dio aveva voluto percorrere lo stesso cammino dell’uomo, affinché l’uomo potesse percorrere il cammino di Dio. Dio si è fatto uomo perché l’uomo potesse diventare Dio. Perché questi, poveraccio, potesse acquistare la santità, ereditare la vita eterna. Vennero a sapere di Dio quello che sui libri eruditi non leggerai mai e, contemplando le stelle, non riuscirai mai a calcolare.

Per questo «provarono una gioia grandissima», dopo di che «per un’altra strada fecero ritorno al loro paese» (Mt 2,12). Che significa, «per un’altra strada fecero ritorno»? Significa che tutti i loro pensieri, tutte le loro concezioni, tutte le loro precedenti strategie di vita d’ora in poi sarebbero state diverse, erano cambiate una volta per sempre.A loro, raffinati sapienti orientali, era divenuto chiaro che tutto ciò in cui avevano creduto fino a quel momento non era niente a paragone di questo Bambino, «riscaldato dal fiato di un bue»2! Altro che astrologia! Altro che «lo strisciar negli abissi dei mostri marini»! A che cosa si può paragonare il grande amore carico di sacrificio di Dio per l’uomo?…

Rifulge l’aria di Natale.
E nuova neve sulla vecchia strada
Si stende come una tovaglia. Traccia la via ai Magi.
Affrettati, saggio, affrettati, veggente, incontro a Dio.
Affrettati, ma nel tornare annuncia, che Santo è il Bambino – nostra Speranza.
Il saggio tornerà in silenzio. Deporrà il suo  sapere. E cambierà la vita con quella del pastore3.

Amen

Sergij Gan’kovskij

Padre Sergij Gan’kovskij, parroco della chiesa di San Vladimir martire a Korolevo, in provincia di Mosca, ha lavorato  a lungo come insegnante di lingua e letteratura russa. È stato ordinato sacerdote a oltre quarant’anni, nel 1992. La svolta fondamentale nella sua vita è avvenuta grazie all’incontro con padre Pavel Adel’gejm, a Pskov.

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