La tecnologia del potere
Storico e politologo, Abdurachman Avforchanov compì nel 1937 gli studi
storici in una delle scuole più elitarie del regime sovietico. Arrestato nello stesso anno come «nemico del
popolo» per un infelice articolo sulla questione nazionale, fu scagionato solo nel 1942. Emigrato in Occidente, conseguì il
dottorato in scienze politiche, e insegnò in varie università americane svolgendo una feconda attività pubblicistica.
Cosa fu veramente Stalin? La rincarnazione di un satrapo
orientale, di un feroce khan delle steppe mongoliche? Il Robespierre della
rivoluzione russa? Un paranoico ossessionato dall’idea del trionfo del
comunismo? Quale la molla che trasformò questo figlio d’un umile ciabattino,
allievo di un seminario di provincia, nel più sanguinario e temuto dittatore dei tempi moderni?
Era, spiega Avtorchanov, un uomo volgare e banale, intellettualmente
mediocre e culturalmente rozzo, privo di ogni fascino, carisma e ascendente
naturale sugli altri, nettamente inferiore a tutti i suoi rivali e concorrenti nella lotta politica; ma in compenso possedeva una dote in
grado eccelso, ineguagliabile: la padronanza della «tecnologia del potere».
Non fu lui, ma Lenin, a concepire e montare il meccanismo quasi perfetto di
esercizio totalitario del potere, che va sotto il nome di regime sovietico; né con
la morte di Stalin questo meccanismo s’è disintegrato.
Fu lui però che ne mise a punto, rodò e lubrificò tutti i congegni, le ruote e le
cinghie, ottenendone un insuperato grado di efficienza e fornendo al mondo un
esempio di altissima tecnica di gestione del potere, a
null’altro rivolta che alla conservazione del potere stesso.
Di questa tecnica Avtorchanov fornisce un’analisi acuta e approfondita, in cui al rigore della documentazione si accompagna una spigliata vivacità di esposizione.
Abdurachman Avtorchanov
La tecnologia del potere. Il potere nell’URSS da Stalin a Brežnev
pp. 638, ed. 1980
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