31 Dicembre 2022

Le parole di due condannati: la Russia sarà ancora libera

Anna Kondratova

Non avremmo mai pensato di pubblicare ancora, negli anni 2000, lettere dalla prigione o ultime parole al processo, come ai tempi del dissenso. Invece il messaggio del giornalista russo Ivan Safronov dal carcere e la dichiarazione dell’attivista Jašin ci riportano direttamente al clima totalitario e alla forza morale dei resistenti.

Ivan Safronov

Il giornalista Ivan Safronov è stato accusato di alto tradimento e spionaggio compiuto con la complicità di terzi; arrestato il 7 luglio 2020, si è sempre dichiarato innocente. Il 5 settembre scorso è stato riconosciuto colpevole e condannato a 22 anni di reclusione (art. 275 del c.p.) da scontare in una colonia penale a regime severo, a un’ammenda di 500.000 rubli, e alla restrizione della libertà per due anni dopo lo scadere della pena.

Salve a tutti!

E così è passato un altro mese. Il mio terzo autunno nel carcere giudiziario di Lefortovo sta volgendo al termine. È stato molto più intenso dei due precedenti, e non ho in mente solo la strabiliante condanna, ma anche ciò che è seguito.

Ancora per qualche altra settimana, in ottobre, ho continuato a recarmi al tribunale di Mosca per leggere i verbali del processo. Se qualcuno non lo sapesse, si tratta dei documenti che mostrano chi ha detto cosa durante il processo, quali prove sono state presentate dalle parti ecc… Abbiamo letto la documentazione e ho preparato le mie osservazioni; nel complesso, è la procedura standard, niente di eccezionale. Ma la cosa più memorabile è stata poter rivedere tutte le persone con cui per sei mesi ho viaggiato nel furgone cellulare della polizia penitenziaria.

Ora andrò in tribunale per una sola volta ancora, alla prima corte d’appello, e poi andrò nella prigione dove sconterò la pena. Questo non è né un bene né un male, è un fatto. Com’è un fatto che la vita va avanti.

Se il ricorso in appello andrà a vuoto, resterò a Lefortovo per circa due anni e mezzo. Sarà un periodo che ricorderò a lungo.

Qui ho capito alcune cose: che la forza umana può essere inesauribile. Che si può aiutare il prossimo con una semplice parola. Che ho molti amici. Che l’amore non conosce barriere. Sì, ho capito moltissime cose. Sono cambiato? Credo di sì.

Ma il senso dell’umorismo e la voglia di scherzare mi sono rimasti. Pertanto concludo questo post con una battuta letta su Twitter: «Tra le persone che stanno in una prigione russa per non aver fatto assolutamente nulla, Safronov è ancora il campione assoluto».

Prendetevi cura di voi stessi e abbiate fiducia nel meglio!
Il vostro Vanja Safronov
14 novembre 2022

Le parole di due condannati: la Russia sarà ancora libera

Ivan Safronov pronuncia l’ultima parola dopo la lettura della sentenza. (SOTA)


Il’ja Jašin

Il 9 dicembre scorso un tribunale di Mosca ha condannato l’ex deputato comunale Il’ja Jašin a 8 anni e 6 mesi di reclusione perché in aprile aveva denunciato l’eccidio di Buča in diretta sul suo canale youtube. Dopo la lettura della sentenza Jašin ha pronunciato l’ultima parola: 

«Converrete anche voi che l’espressione “ultima parola dell’imputato” suona molto cupa. Come se dopo aver parlato davanti alla corte mi cucissero la bocca e mi proibissero per sempre di parlare. E il senso è proprio quello. Mi isolano dalla società e mi tengono in prigione perché vogliono che taccia. Perché a un certo punto il nostro parlamento ha smesso di essere un luogo di discussione ed ora la Russia intera deve acconsentire in silenzio a qualsiasi iniziativa del governo.

Ma prometto che finché sarò vivo non mi rassegnerò a questo. La mia missione è dire la verità. L’ho detta sulle piazze, negli studi televisivi, dalla tribuna parlamentare. Non rinuncerò a farlo neanche dietro le sbarre. Infatti, come si dice “la menzogna è la religione degli schiavi, e solo la verità è il dio dell’uomo libero”.

Per iniziare vorrei rivolgermi alla corte. Vostro onore, sono riconoscente di come ha organizzato questo processo. Un dibattito pubblico, aperto alla stampa e al pubblico, dove non è stato impedito a me di dire la mia e ai miei avvocati di lavorare. Sembrerebbe che in tutto questo non ci sia niente di speciale, così devono svolgersi i processi in ogni paese normale.
Ma nella terra bruciata della giustizia russa questo processo si distingue come qualcosa di vivo. E mi creda, lo apprezzo molto.

Le parole di due condannati: la Russia sarà ancora libera

Sostenitori di Il’ja Jašin in coda fuori dal tribunale. (SOTA)

Glielo dico apertamente, Oksana Ivanovna [la giudice], anche Lei mi ha molto colpito. Ho fatto caso con quanto interesse ha ascoltato l’accusa e la difesa, come ha reagito alle mie parole, come dubita e riflette. Per il regime Lei è soltanto una rotellina del sistema che deve svolgere senza intoppi la sua funzione.
Ma io vedo davanti a me una persona viva, che la sera spoglia la toga e va a fare la spesa nello stesso negozio dove mia madre va a comprare la ricotta. E non ho dubbi che Lei sia agitata dagli stessi problemi che agitano anche me. Sono convinto che Lei, proprio come me, è sconvolta da questa guerra, e prega che questo incubo finisca quanto prima.

Sa, Oksana Ivanovna, io ho un principio che seguo da molti anni: fa’ quel che devi, succeda quel che deve succedere.

Quando sono cominciate le azioni belliche neanche per un secondo ho avuto dubbi su quel che dovevo fare. Dovevo stare in Russia, dovevo dire la verità a piena voce e dovevo fare ogni sforzo per fermare lo spargimento di sangue.

Sto male fisicamente al pensiero di quanti sono morti in questa guerra, quanti destini sono stati mutilati e quante famiglie hanno perso la loro casa. A queste cose non si può semplicemente rassegnarsi. E giuro che non mi pento di niente. Meglio passare dieci anni dietro le sbarre, restando una persona onesta, che bruciare silenziosamente di vergogna per il sangue che il tuo governo sta versando.

Certo, vostro onore, non mi aspetto un miracolo, qui. Lei sa che io non sono colpevole, ed io so quante pressioni Lei riceve dal sistema. Ed è evidente che dovrà emettere una sentenza di condanna. Ma io non le porto rancore e non le auguro niente di male. E tuttavia, cerchi di fare tutto quel che dipende da Lei perché non trionfi l’ingiustizia. Si ricordi che dalla sua decisione non dipende solo il mio destino personale, la sua sarà una sentenza contro quella parte della nostra società che vuole vivere in pace e in modo civile. Quella parte della società cui, forse, appartiene Lei stessa, Oksana Ivanovna.

Approfitto di questa tribuna per rivolgermi anche al presidente russo Vladimir Vladimirovič Putin, l’uomo che porta la responsabilità di questo massacro, che ha firmato la legge sulla “censura di guerra” e per la cui volontà sto in prigione.

Vladimir Vladimirovič,
guardando le conseguenze di questa guerra mostruosa, probabilmente Lei stesso capisce ormai il gravissimo errore che ha commesso il 24 febbraio. Il nostro esercito non è stato accolto con lancio di fiori. Ci chiamano boia e invasori. Ora il suo nome si assocerà per sempre alle parole “morte” e “distruzione”.

Lei ha causato una terribile sciagura al popolo ucraino, il quale, probabilmente, non la perdonerà mai. In realtà Lei fa la guerra non solo contro gli ucraini, ma contro i suoi compatrioti.

Lei manda nell’inferno delle battaglie centinaia di migliaia di russi, molti dei quali non torneranno a casa, ma saranno ridotti in cenere. Molti resteranno mutilati e perderanno la ragione per quanto avranno visto e provato. Per Lei questa è solo la statistica delle perdite, cifre da mettere in colonna. Ma per la maggioranza delle famiglie è il dolore intollerabile della perdita di mariti, padri, figli.
Lei toglie la casa ai cittadini russi.
Centinaia di migliaia di nostri concittadini hanno lasciato la Russia perché non vogliono ammazzare ed essere ammazzati. La gente scappa da Lei, signor presidente. Possibile che non se ne sia accorto?

Lei mina le basi della nostra sicurezza economica. Riconvertendo la nostra industria alla produzione militare, fa tornare indietro il nostro paese. La nostra priorità sono di nuovo i carri armati e i cannoni, e la vita quotidiana conosce di nuovo povertà e ingiustizia. Ha dimenticato che questa politica già una volta ha spinto il nostro paese al collasso?

Le parole di due condannati: la Russia sarà ancora libera

Il’ja Jašin in tribunale assieme ai suoi avvocati. (SOTA)

È probabile che le mie parole risuoneranno come voce che grida nel deserto, ma io la invito, Vladimir Vladimirovič, a fermare subito questa follia. Bisogna riconoscere che la nostra politica nei confronti dell’Ucraina è sbagliata, ritirare le truppe dal suo territorio e passare a una soluzione diplomatica del conflitto.
Non dimentichi che ogni nuovo giorno di guerra significa nuove vittime. Basta.

Infine voglio rivolgermi alle persone che hanno seguito il processo e mi hanno sostenuto in questi mesi, aspettando ansiosamente la sentenza.
Amici, qualunque sarà la decisione della corte, anche se la sentenza sarà dura, non dovete lasciarvi abbattere. So bene che peso sentite oggi, quant’è tormentoso il senso d’impotenza e di disperazione. Ma non dovete darvi per vinti.
Vi prego, non disperate e non dimenticate che questo è il nostro paese. Un paese che merita che si combatta per lui. Abbiate coraggio, non cedete davanti al male e opponete resistenza. Difendete la vostra strada, la vostra città. E soprattutto, difendetevi l’un l’altro. Siamo molti di più di quel che sembra, e insieme siamo una forza enorme.

Quanto a me, non preoccupatevi. Prometto che sopporterò tutte le prove, che non mi lamenterò e percorrerò questa strada con dignità. Voi, per favore, promettetemi di conservare l’ottimismo e di continuare a sorridere. Perché loro vinceranno nel momento esatto in cui non saremo più capaci di rallegrarci della vita.
Credete a me, la Russia sarà ancora libera e felice».

9 dicembre 2022


(Foto di apertura: SOTA)

Anna Kondratova

Moscovita, laureata in sociologia. Ha seguito da vicino lo sviluppo del movimento d’opposizione in Russia. Giornalista e saggista.

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