20 Aprile 2016

Guerriglia urbana a colpi d’ironia

Elena Fieramonti

Bandite le manifestazioni politiche, la nuova arma d’opposizione in Russia è l’ironia: c’è chi manifesta fingendo di inalberare un cartello che non c’è. E chi affigge di notte manifesti sarcastici. Così chi legge scopre che si può pensarla diversamente.

Compaiono improvvisamente. Sotto la pensilina a una fermata di autobus, tra le locandine di un teatro… Dove compariranno la volta dopo non si sa, osserva Jan Šenkman su «Novaja gazeta». È una nuova tecnica di «guerriglia urbana». In una via del centro un manifesto pubblicitario reclamizzava un pezzo di formaggio «gratuito» in una trappola per topi. Pubblicità progresso? No, dato che il pezzo di formaggio riproduceva chiaramente i contorni della penisola di Crimea. E il manifesto era comparso esattamente nel giorno in cui la Russia festeggiava la «riunificazione» della Crimea alla madrepatria. Nel giorno anniversario della morte di Stalin eccone un altro, della stessa mano: sotto la maschera funeraria di Stalin una laconica frase: «Quello è morto, morirà anche questo». La gente passa, guarda e pensa: «Non è che c’è stato un cambio di governo?».
Non è passato sotto silenzio lo scandalo degli offshore: si vede il presidente Putin nei panni di un personaggio del film «Paura e delirio a Las Vegas», e la domanda retorica: «Ma quale Panama?», come a dire «Di che cosa state parlando? Non capisco».
Azioni «partigiane» di questo tipo si erano già viste a Mosca a dicembre, nel pieno della crisi del rublo: la locandina di un teatro annunciava il concerto di un noto cantante, ma l’immagine era quella di Putin. A grandi lettere il titolo: «Le sue canzoni più belle». E sotto alcune citazioni: «Nel 2015 un terzo dei russi potrà comprarsi la casa», «Il rublo scende e le entrate crescono».
È una nuova strategia di protesta, che sta diventando un trend. Da quando manifestazioni e picchetti non autorizzati, e a volte anche autorizzati, vengono repressi, interrotti, stroncati, si cercano altre forme per esprimere le proprie posizioni politiche. L’esempio è contagioso: in una cittadina di provincia su una strada sconnessa è comparso uno striscione con l’invito a votare per il partito al governo: «Vota “Russia unita” e la tua vita sarà come questa strada».
Gioca un ruolo vincente anche l’anonimato. Del resto queste azioni non offrono appigli per una condanna: nessun turpiloquio, nessun appello a rovesciare l’ordine costituito. Semplicemente umorismo, e neanche cattivo. Che spinge le autorità in un vicolo cieco, perché non sanno come reagire. Al massimo è affissione non autorizzata. Ma niente di più.

Qualcuno esce allo scoperto, come l’attivista Evgenij Levkovič: «Agiamo alla luce del sole e tutto è già pubblicato su facebook. Arrestarti? Lo fanno comunque per sciocchezze, per un post o per un like. E allora che differenza c’è? Non possiamo avere paura di tutto». Ma stampare questi manifesti costa. Chi paga? «Io ho un sacco di idee – continua Evgenij – e vorrei moltiplicare le affissioni. Certo non posso permettermi queste spese, ed è la rete sociale che ci sostiene. Tanti soldi riceviamo, tanti manifesti affiggiamo».
Il manifesto con Putin-cantante è rimasto appeso per una giornata. Una videocamera riprendeva interviste volanti ai passanti: «Quali canzoni di Putin conosce?». E alcuni pensavano che davvero Putin avrebbe preso parte al concerto.
«Questa tecnica è più efficace dei picchetti per strada con i cartelli: pochi ti guardano, poi ti ferma la polizia e la prima volta è una multa, la seconda 15 giorni di prigione, poi 30, e poi 3 anni. Un manifesto resiste più a lungo, attira di più e molti lo vedono. Del resto quello che voglio è che la gente sorrida e si senta un po’ più libera».
Lo scrittore Aleksej Cvetkov, studioso dei movimenti di sinistra, ricorda che questo tipo di azione è noto da tempo e va sotto il nome di «détournement», e il significato è giocare fuori dalle regole, ma come se si seguissero delle regole. In Occidente lo usano i radicali di sinistra che non credono alla democrazia, perché la giudicano uno spettacolo organizzato dalle élites per le masse ingenue. «Questi manifesti sono un test per valutare l’idiozia del potere. Quello con la testa di Stalin e la frase “Quello è morto, morirà anche questo”, per esempio, è stato giudicato pericoloso: i poliziotti l’hanno coperto con il loro corpo e non hanno permesso di fotografarlo. Ma appena è stato tolto, in giro per la città ne sono comparsi di nuovi con lo stesso testo ma con l’immagine del dio egizio Thot [un brillante gioco di parole, in russo «quello» si dice appunto «tot»]. Per capire a che punto il sistema smette di riconoscere un contenuto pericoloso, quanto dev’essere assurda l’immagine che vi è associata».
Se non dispongono di un programma politico, questi protestatari hanno però una chiara etica civile, che Evgenij Levkovič esprime così: «L’unica cosa cui mi oppongo è che si inviti all’omicidio. Persino il manifesto che diceva “morirà anche questo” mi ha un po’ disturbato dal punto di vista etico. Non si può augurare pubblicamente a qualcuno la morte, non mi sembra il caso. Bisogna restare persone civili, se no che differenza c’è tra noi e questi vampiri?».

Elena Fieramonti

Laureata in Fisica, ha insegnato matematica in Unione Sovietica sin dal 1982 (a Mosca), poi dal 1991 ha insegnato italiano a Novosibirsk e Omsk. Attualmente è insegnante di lingua e cultura italiana presso l’Università statale umanistica di Mosca.

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