17 Luglio 2020

Evgenij Vodolazkin, L’aviatore

Giovanna Parravicini

Evgenij Vodolazkin
L’aviatore
Brioschi Editore, Milano 2019

Il nodo della memoria è al centro di questo romanzo, scritto da uno degli autori russi contemporanei più noti (nato nel 1964, nel 2013 è divenuto famoso con Lauro, e nel 2019 ha ricevuto il premio Solženicyn), e tradotto in venti paesi. Un detenuto nel lager delle isole Solovki, Innokentij Platonov, nel 1932 viene sottoposto a un esperimento scientifico di ibernazione senza precedenti, nell’ambito di ricerche ordinate dallo stesso Stalin. L’esperimento – inspiegabilmente per stessi scienziati – riesce, e nel 1999 Platonov torna in vita, trovandosi contemporaneamente trentaduenne e centenario: era infatti nato nel 1900.

Il romanzo si snoda sul filo della memoria del protagonista, a cui Geiger, il medico che lo assiste al risveglio e nel lento processo di ripresa, affida fin dai primi giorni un quaderno su cui annotare i ricordi che man mano affiorano. Inizialmente ignaro di sé, della propria identità, del proprio passato, Innokentij vede sorgere gradualmente immagini di due mondi – l’uno, quello della Russia prerivoluzionaria della sua infanzia e adolescenza, l’altro, quello dei lager, che gradualmente si intrecceranno con il contesto in cui è stato sbalzato, la Russia della fine degli anni ’90, del periodo di El’cin, con i suoi turbolenti processi politici ed economici e le sue contraddizioni.

Un diario, dunque, a cui è affidata la narrazione, scritta nella prima parte dallo stesso protagonista e, nella seconda, a tre voci: a Innokentij si affiancano infatti Geiger e la giovane moglie, nipote di quella Anastasija che era stata il suo primo amore e che Platonov farà in tempo a rivedere, ormai ultranovantenne, e con cui riuscirà a condividere – sia pure nella semi-incoscienza delle ultime ore di vita – il segreto ultimo della vita che si porta dentro.

Un segreto che emerge gradualmente alla coscienza del protagonista, e si scioglie infine nelle ultime pagine del racconto, mostrando la responsabilità che ogni uomo ha del mondo in cui vive: è il messaggio di Platonov a quanti, intorno a lui, vorrebbero ridurre l’orrore del sistema sovietico, della violenza, dei lager, a cause puramente economiche e politiche, alla crudeltà e alla prevaricazione di alcuni, mentre lui, scavando in profondità dentro di sé, comprende che il più delle volte il confine tra vittime e carnefici è labile, pesca nel medesimo substrato ideologico. Vodolazkin ritorna così a un tema echeggiato più volte nella letteratura dei campi, quello della colpevolezza, della responsabilità, della libertà e della catarsi, che sviluppa in quest’opera su più piani: attraverso le «tre vite» del protagonista, ma anche nella figure-simbolo di Robinson Crosue – l’uomo che ricrea la civiltà dal nulla, semplicemente dalla sua coscienza e dal suo intelletto – e di Lazzaro, resuscitato per testimoniare una profondità di vita di cui nessuno intorno a lui aveva coscienza.

Il male compiuto senza alcun motivo, per un’inesprimibile caratteristica della libertà umana, si incarna (con un’evidente allusione ai personaggi Dostoevskij) in Seva – il cugino con cui da piccolo Innokentij giocava a fare l’aviatore in riva al mare, e che in lager tenterà di sopprimerlo prima di finire a sua volta stritolato dal meccanismo repressivo. E s’incarna anche nella figura di Zareckij, una figura grottesca ma anche tragica, universale nella coscienza di Platonov, che inaspettatamente riesce a dipingerne il ritratto, capolavoro di realizzazione del protagonista a un passo dalla sua fine. L’uomo è un aviatore – una metafora ricorrente nel libro – che percorre nella sua vita un tragitto, inspiegabile a chi lo vede, tra le buche e le asperità del terreno («vivere la vita non è attraversare un campo» di Pasternak), ma può riuscire ad alzarsi in volo, e contemplare così dall’alto l’ordinato disegno di cui ogni cosa, ogni uomo, è parte.

Evgenij Vodolazkin
L’aviatore
Brioschi Editore, Milano 2019

Giovanna Parravicini

Ricercatrice della Fondazione Russia Cristiana. Specialista di storia della Chiesa in Russia nel XX secolo e di storia dell’arte bizantina e russa. A Mosca ha collaborato per anni con la Nunziatura Apostolica; attualmente è Consigliere dell’Ordine di Malta e lavora presso il Centro Culturale Pokrovskie Vorota. Dal 2009 è Consultore del Pontificio Consiglio per la Cultura.

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