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«Mia sorella la vita». Boris Pasternak
Le opere di Pasternak, invise al regime, circolavano nel samizdat, l’autoeditoria clandestina, arrivando perfino nei lager dove «i suoi versi venivano letti come preghiere». Al centro di tutto il cammino esistenziale e artistico di Pasternak sta un unico grande tema: la Vita, concepita non come l’oggetto, bensì come l’interlocutore del pensiero. La Vita vissuta come continuo miracolo, attraversata da una Presenza amorosa più evidente perfino della luce del sole. La statura dell’uomo è il suo sguardo, che nella sua semplicità originale, libera dai pregiudizi, abbraccia la vita nel suo continuo, prodigioso ricrearsi. Nelle opere dello scrittore la vita è spesso paragonata a un fiume, che sfocia nella dimensione dell’eternità. La Vita, infatti, nel suo ininterrotto contrapporsi alla morte e alla condizione mortale, nella dura prova che queste le infliggono, è l’esperienza di attraversare la morte, superarla come una resurrezione dai morti. L’esperienza del vivere è quindi un tutt’uno con la gioiosa dimensione pasquale, in qualsiasi circostanza, positiva o negativa. Di qui la percezione della santità di tutto ciò che esiste, innanzitutto di sé.
È questa la certezza che Pasternak testimonia nelle contraddizioni, nelle cadute, nelle apparenti sconfitte: il manifestarsi nella sua vita della Vita, che lo sorprende e riprende continuamente ben al di là di progetti e capacità di iniziativa, e trasforma l’esistenza in dono, in rendimento di grazie e in offerta di sé per il mondo.
Parravicini Giovanna, Dell’Asta Adriano
pp. 112, ed. 2011
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