18 Giugno 2016

Concilio sì, concilio no: a tema è l’unità

Redazione

La riunione dei vescovi ortodossi a Creta si fa. Solo che non si capisce se sia il Concilio ortodosso «Grande e Santo» che era stato annunciato, o una semplice assemblea […]

La riunione dei vescovi ortodossi a Creta si fa. Solo che non si capisce se sia il Concilio ortodosso «Grande e Santo» che era stato annunciato, o una semplice assemblea consultiva (l’ennesima!) in preparazione del vero Concilio, che viene ancora rimandato a un tempo imprecisato.
Questa dolorosa situazione si è venuta a creare dopo che lunedì 13 giugno la Chiesa di Mosca, riunito in seduta straordinaria il proprio Sinodo, ha deciso di non partecipare al Concilio di Creta. Il motivo sarebbe la precedente defezione delle Chiese bulgara, antiochena, serba e georgiana. Un passo molto grave che aveva il preciso scopo di rendere impossibile lo svolgimento del Concilio: «Il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa osserva che la non-partecipazione anche di una sola delle Chiese autocefale universalmente riconosciute al Concilio costituisce un ostacolo insormontabile per la realizzazione dello stesso».

Tutte le tensioni e le opposte visioni che sobbollono all’interno dell’ortodossia mondiale si sono addensate in questa estrema opposizione al Concilio dopo che, va sottolineato, era stato discusso, preparato e approvato collegialmente dalle varie Chiese.
Le motivazioni, più che teologiche, sono ideologiche e politiche. Ma al di là delle analisi, la sfida più interessante è ora vedere quale sarà la risposta creativa delle Chiese a questa impasse: se cioè si cederà al timore delle innovazioni e alla forza delle gelosie nazionali, o se si varcherà fiduciosi la soglia della modernità accettando la sfida dell’unità; un’unità faticosa e incerta ma sicuramente rivoluzionaria per Chiese locali rinchiuse da secoli nella propria autonomia.
Il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli ha mostrato chiaramente di non voler recedere, con una lettera del 9 giugno in cui dice: «Posporre o annullare il Concilio alla dodicesima ora, dopo decenni di preparazione, comprometterebbe la nostra Chiesa ortodossa a livello intraecclesiale e internazionale, infliggendo un danno irreparabile alla sua autorità».
Papa Francesco ha ritenuto di riconoscere la serietà della sua posizione inviando come osservatore il cardinale Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei cristiani.

Grazie alla fermezza di Bartolomeo la Chiesa serba ha fatto marcia indietro, decidendo di prendere comunque parte all’assise. Pertanto delle 14 Chiese ortodosse ne siedono in Concilio 10: Costantinopoli, Alessandria (Africa), Gerusalemme (Israele e Giordania), Cipro, Ellade (Grecia continentale), Romania, Polonia, Cechia, Albania e Serbia. Ossia la maggioranza, ma mancherà la più grande per numero di fedeli, quella russa.
Non si possono certo nascondere i dubbi sull’efficacia di un Concilio panortodosso che non riunisca tutte le Chiese ortodosse, ma i sostenitori di Costantinopoli hanno richiamato un fatto storicamente indubitabile, e cioè che molti dei Concili dell’antichità che poi sono stati definiti «ecumenici» in realtà radunavano solo una parte dell’episcopato: il peso decisivo non era dato dalla percentuale numerica dei presenti al Concilio ma dalla recezione universale delle decisioni prese dal Concilio stesso, come importanti per tutta la Chiesa.
«La discussione a Creta – osserva l’archimandrita Kirill Govorun, che appartiene al patriarcato di Mosca ma non è allineato alle posizioni ufficiali della sua Chiesa – avrà comunque luogo e, che lo voglia o no, vi sarà implicata anche la Chiesa russa».
Qualcun altro ritiene, in modo ancor più radicale, che se una Chiesa si rifiuta di partecipare o di votare, le decisioni prese avranno comunque peso vincolante per tutte le Chiese ortodosse senza esclusione. E che l’assenza avrà effetto non tanto sul Concilio ma sulla Chiesa stessa, come sintomo di autoesclusione.

Naturalmente nessun Concilio, o assemblea che dir si voglia, tenuto a Creta potrà mai obbligare la Chiesa di Mosca ad accettare, o almeno a prendere in considerazione le decisioni prese in sua assenza, ma – osserva qualcuno – ci sono cose che non dipendono dal controllo amministrativo. In fondo, niente e nessuno può impedire ai fedeli della Chiesa russa di ispirarsi alle decisioni del Concilio, almeno nella propria vita personale. Il punto di verifica sarà capire se ciò che aiuta di più l’esperienza di fede è la chiusura difensiva dell’episcopato e del Sinodo o l’ortodossia che respira a pieni polmoni e si misura con la realtà del mondo.
E infine, se il Concilio non è una parata di consenso formale ma un luogo di lavoro, lo spazio per riconoscere e correggere gli eventuali errori, la crisi scoppiata a Creta si può considerare come una nuova occasione data alle Chiese per capire cosa sia la famosa sobornost’. Un lavoro serio prevede tempi anche lunghi, l’assise di Creta potrebbe diventare la prima sessione di un Concilio che si protrarrà nel tempo, e che potrà vedere nelle sessioni successive la presenza delle Chiese adesso assenti. Quello che sta iniziando potrà essere allora non un nuovo episodio di divisione e addirittura una minaccia di scisma, ma il primo passo di un processo di rinnovamento che troppo a lungo ha aspettato. È infondo quello che tutti i cristiani si augurano.

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