5 Dicembre 2017

La ferita dell’«uomo nuovo»

Ol'ga Sedakova

La rivoluzione russa fu una gigantesca pedagogia del terrore, per censurare la paura del mistero e togliere all’uomo la gioia. Ossia ciò che lo rende umano. Intervento alla conferenza «Esiti spirituali della rivoluzione».

Tutti noi in questi giorni discutiamo degli eventi accaduti in Russia (o alla Russia) cento anni fa. Contrariamente a quel che dicono, per me negli eventi dell’ottobre non c’è niente di così «complesso» o «controverso»: sono stati l’inizio della fine della Russia prepetrina e post-petrina (per molti la fine di questa fine sono stati gli anni delle «reni spezzate» ai contadini, l’ultimo ceto «prerivoluzionario»; infatti con la nobiltà, i commercianti, il clero, i funzionari, i piccoli borghesi e i vecchi intellettuali se la sono sbrigata molto più rapidamente). Sono l’inizio di un inaudito Dolore, sono la Catastrofe della Russia, il giorno dell’afflizione per tutti i morti ammazzati, gli esiliati, gli oltraggiati, per coloro che sono stati privati «della letizia e del loro stesso destino». Ma anche i sopravvissuti, a loro modo, hanno sofferto quanto gli assassinati. Perché il terrore di tipo bolscevico non è diretto immediatamente alle sue vittime, esse sono solo un mezzo per intimidire gli altri, tutti quelli a cui è capitato di nascere in quello spazio. Il terrore aveva carattere pedagogico, educativo. Forse questo ci aiuterà a considerare diversamente certe scelte «inspiegabili» del regime riguardo a chi colpire. Leggendo gli elenchi dei fucilati è impossibile non domandarsi: ma questo qui, perché!? La domanda giusta non è «perché» ma: «a che scopo?». Hanno arrestato un portinaio di sessant’anni, tutti gli altri portinai staranno bene attenti. Sul significato esemplare e pedagogico delle fucilazioni e delle punizioni sommarie Lenin scriveva apertamente nelle sue lettere, durante il terrore rosso.

Vengono raccolti e divulgati fatti che fanno inorridire, storie private che lasciano esterrefatti. Ma perché, allora, questi fatti noti e divulgati non bastano a impedire che si continui con la solita solfa: «però il cosmo, l’urbanizzazione, le centrali idroelettriche» e via discorrendo? Penso che il motivo sia la catastrofe antropologica di cui stiamo parlando. È stato formato un uomo che può dire: «Era necessario». Era necessario annientare degli innocenti, distruggere il paese, coltivare l’ignoranza in campo umanistico e religioso, operare generazione dopo generazione una selezione negativa della popolazione… Era necessario.
Un uomo simile non c’era da nessuna parte. L’hanno formato nei campi di rieducazione, attraverso il linciaggio pubblico dei «traditori», e così via. Mi riferisco qui all’ottobre, alla presa del potere da parte di una forza storica ancora sconosciuta, di un partito «ideocratico».

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Ol'ga Sedakova

Poetessa, scrittrice e traduttrice moscovita, è docente alla Facoltà di Filosofia dell’Università Statale Lomonosov. Erede della tradizione della grande cultura russa, la sua opera è tradotta in numerose lingue e ha ottenuto riconoscimenti, quali il premio Solov’ëv e il premio Solženicyn.

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