27 Dicembre 2016

padre ROMANO SCALFI (1923-2016)

Redazione

“Oggi è la festa dell’incontro tra l’anima e l’Amore, l’incontro con Colui che mi ha dato la vita e il dono di trasfigurarla in attesa”. Padre Aleksandr Šmeman.

Padre Romano Scalfi, fondatore di Russia Cristiana, è tornato al Padre il 25 dicembre 2016, nel giorno della nascita di Cristo. La Chiesa d’Oriente canta: “Esultiamo nel Signore nostro Dio, perché il muro di separazione è stato distrutto per sempre e io prendo parte al banchetto preparato nel Paradiso”. E in questo stesso giorno padre Romano ha celebrato il suo dies natalis, il giorno della sua nascita al Cielo, per essere associato per l’eternità al Sacrificio e alla Resurrezione di Cristo.
Ora contempla faccia a faccia il Signore a cui ha donato tutta la vita, e in Lui vede la perfetta unità della Chiesa e dei credenti in Cristo,
per la quale ha speso fino all’ultimo tutte le sue energie. Ha vissuto gli ultimi giorni nella serena e continua attesa dell’incontro con Cristo, diventando egli stesso preghiera. La sua testimonianza è un tesoro prezioso, che sostiene e conforta chiunque desidera e vive perché i fedeli in Cristo siano “una cosa sola”.
Mentre affidiamo l’anima di padre Scalfi all’abbraccio misericordioso del Padre, siamo certi della sua intercessione e della sua protezione celeste.
Don Francesco Braschi e il Consiglio Direttivo di Russia Cristiana


DALLE OMELIE

Festa di tutti i Santi
San Domenico dice che il primo compito che abbiamo nei confronti dei santi è godere della loro ineffabile compagnia. Perché si tratta di una buona compagnia, e non è che si sono staccati da noi quando sono andati in paradiso, anzi, hanno rafforzato il rapporto più profondo con noi: infatti essendo più vicini a Dio, fonte dell’amore, sono più capaci di amare ciascuno di noi. E questo vale innanzitutto per i nostri cari, perché non ricordiamo soltanto i santi ufficialmente dichiarati, ma i santi che siamo noi, come ci chiama san Paolo quando parla ai suoi fratelli – santi perché santificati da Cristo, santi perché siamo chiamati in paradiso.
Il fatto di poter amare di più il Signore permette loro di essere più capaci di amare anche noi, perciò ci sono più vicini di prima, è una ineffabile compagnia che abbiamo con loro; dobbiamo abituarci a trattarli veramente da amici più grandi di prima.
Essendo alla fonte della sapienza, ci conoscono meglio, ci capiscono meglio, ci compatiscono meglio, sono più misericordiosi, su di noi non hanno esclusivamente uno sguardo di rimprovero ma anche di compassione per la nostra miseria e i nostri limiti, così da perdonarci insieme con Cristo. Tante volte quando pensiamo ai santi li disturbiamo soltanto per domandare delle grazie – fatto lecitissimo, per l’amor di Dio! – ma non sono dei «distributori di miracoli», prima bisogna partire dall’affezione per loro. Come quando un bambino parla della propria mamma, non la pensa solo come colei che ogni tanto gli dà dei dolci, ma la pensa perché sa di essere amato, e se qualche volta le chiederà dei dolci questa non è la prima cosa, anzi è una domanda che nasce proprio dalla consapevolezza di essere amato. (…)
Allora i santi devono essere venerati per quello che sono, si tratta della verità, non sono dei «dispensatori specializzati di grazie», ma sono lì per amarci di più, per compatirci di più, per esserci più amici, ed è un’amicizia da coltivare, un ineffabile amore, un’ineffabile fratellanza. Questa fratellanza non è semplicemente personale, ma ci accomuna perché in Cristo i santi costituiscono un’unità più grande di prima.
Ecco perché guardando a loro ci sentiamo rasserenati, nonostante abbiamo una visione negativa della nostra società e ci siano mille motivi per condannarla: su tutto il male che esiste predomina ultimamente la predilezione di Cristo.
Il paradiso è la conclusione della vita. Ora abbiamo una Chiesa militante ma siamo in stretto legame con la Chiesa trionfante, perciò noi in qualche modo prepariamo il trionfo di Cristo, la negazione del peccato, la negazione della morte, cioè prepariamo il paradiso.
È un compito, una costruzione che facciamo insieme, perché il paradiso non è diviso: la liturgia ci insegna quanto è vicino a noi, ma non soltanto la liturgia: ogni istante che compiamo in Cristo è un tassello che costruisce la nostra futura dimora nel paradiso. L’eternità la costruiamo prima di tutto insieme a Cristo, e poi insieme ai nostri santi.
È un’ineffabile compagnia che costruisce, una «compagnia delle opere» che non ci permette semplicemente di aspettare il paradiso, perché in qualche modo lo prepariamo su questa terra. Ogni cosa che facciamo in Cristo, in compagnia dei nostri fratelli santi, è qualcosa che rimane eternamente in paradiso. Per questo sono persone da coltivare, anche perché ci aiutino a far crescere insieme la consapevolezza di una casa che ci aspetta in paradiso, e ci aspetta non passivamente ma attraverso le opere che facciamo – anche se la prima cosa non è l’opera ma l’intenzione con cui si la fa, – perché l’opera è indubbiamente una modalità con cui si anticipa l’eternità, quando si lavora per Cristo.
Domandiamo al Signore la grazia di crescere nella familiarità con i nostri santi, in modo da collaborare a questa grande opera che non è soltanto la preparazione del paradiso, che sarà perenne per tutti, ma anche una modalità per migliorare questo povero mondo.
Solennità di tutti i santi, 1.11.2011

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