26 Febbraio 2018

Un po’ di sana vergogna (ancora sul patriottismo)

Tat'jana Krasnova

Docente presso la facoltà di Giornalismo dell’Università Statale di Mosca Lomonosov, coordinatrice dell’Istituto di beneficenza per bambini “Una busta per Dio“.

Quello che più mi colpisce nell’educazione patriottica dei giovani è la temerarietà con cui affrontano questo compito per niente facile e piuttosto insidioso le persone più impensabili e spesso meno adatte. Giudicate voi: per infondere amore alla matematica ci vuole uno che sappia per lo meno fare addizioni e sottrazioni. Per inculcare l’amore alle lingue straniere bisogna sapere almeno speak o sprechen un pochino. Per formare il patriottismo, di solito, basta un istruttore militare. E proprio da lui vorrei partire.

Cari educatori di patrioti, per favore allontanate da questo benemerito compito l’istruttore militare. Con i servigi di questa persona si può al massimo educare nei discenti un paradossale senso umoristico.
Per dirla seriamente, il patriottismo va in qualche modo separato dalla guerra. Non si può costruire l’amor di patria sulle stragi di creature viventi, per quanto eroismo ci mettiamo da parte nostra. La guerra è un immenso dolore e una sofferenza smisurata. La guerra è una sciagura. È la peggior cosa che possa accadere a un paese nel suo complesso e ad ogni singolo cittadino in particolare. Le potenzialità dell’uomo, le sue qualità migliori, la sua grandezza devono risvegliare il lavoro, la carità, la creatività e non certo la guerra. Nemmeno quella in cui abbiamo trionfato.

In genere, mi sembra davvero importante smetterla finalmente di inorgoglirsi. Questa attività porta via un sacco di tempo e di forze, senza dare nulla in cambio.
Abbiate pazienza, ma è anche ora di piantarla di vantarsi della Grande Vittoria nella Grande Guerra Patriottica. Non ci vuole molto. Basta guardare in che condizioni vivono e muoiono gli anziani russi, e paragonarle alle condizioni in cui finiscono la loro esistenza i tedeschi da noi sconfitti. Guardando più da vicino, potrete apprezzare come hanno usato la Grande Vittoria i suoi eredi. Penso che proprio qui si possa trovare un’ottima occasione per provare una costruttiva vergogna (e sottolineo: costruttiva!). Ecco, la vergogna della patria mi sembra un elemento importantissimo del vero patriottismo. Non siamo stati noi a vincere la guerra. Non siamo stati noi a scrivere l’Evgenij Onegin né Il lago dei cigni. Non abbiamo costruito noi sulle paludi putride della Neva la più splendida città europea, e sul fiume Nerl’ la chiesa più bella del mondo. Il patriottismo va sì educato, ma è un affare difficile e molto delicato.

In compenso i tasti del nostro ascensore li abbiamo bruciati proprio noi. E le lampadine spaccate nell’androne sono una nostra conquista. Così come le buche sulla strada. E i boschi ed i fiumi insudiciati sono frutto dei nostri sforzi. E poi l’immondizia, la comune immondizia gettata fuori dai cassonetti nello squallido rione di periferia, fuori dalla tangenziale esterna, oppure quella che vi arriva in faccia dal finestrino di una Lexus che sfreccia in centro, è tutta opera nostra.
Come facciamo a far scendere i nostri giovani dal carro della guerra, e a farli salire su quest’altro? Ad esempio si potrebbe lanciare il seguente slogan: «Non sei un patriota se fai i tuoi bisogni nell’ascensore». Oppure: «Hai lasciato le pattumiere nel prato dopo il picnic? Sei un nemico della Russia!».

Ed eccovi un altro personaggio che fa danno almeno quanto l’istruttore militare: Sua Eccellenza. Sì, sì, quella stessa Eccellenza di cui temporibus illis scrisse il grande, immortale Saltykov-Ščedrin, e che noi sempre tendiamo a confondere con la patria.
Infatti, Dio sa perché, qualsiasi ceffo da impiegato pubblico alla prima occasione è pronto a gridarti in faccia: «Lei non ama la Russia!».
Io sì che la amo la Russia. E anche molto. È il suo ceffo che non amo, Eccellenza…
Dovremmo riuscire ad infondere nei nostri figli patriotticamente educati che la patria è loro madre.
Il che vuol dire che bisogna onorarla e custodirla. E se, Dio ci guardi, dovesse sentirsi male o, peggio, uscire di testa, bisogna chiamare i dottori e rimetterla in sesto invece di sbraitare con isterico pseudo patriottismo che la mamma è sacra. Così si comportano non i figli bravi e costumati, ma i cinici farabutti che sperano di fregare qualcosa di nascosto alla mammina malata.

In conclusione, il patriottismo, credo, va educato. Ma è una questione difficile e molto delicata. In fondo è una questione di amore. Anche quello di patria lo è. E l’amore è una cosa che non fa rumore, è delicatissima.

La pace invece della guerra. La responsabilità invece della spocchia. La sollecitudine invece degli slogan. Cortiletti ordinati e pieni di fiori, ingressi puliti, anziani custoditi, orfani adottati invece di strilli sulla Grande Potenza. Un lavoro lungo e minuzioso.
E fra trecento anni potremo rispondere educatamente: «Rubare?! Prendere bustarelle?! Ammazzare?! Violentare?! Mi scusi, lei si trova in Russia! Da noi non si usa!».

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