7 Dicembre 2018

Giochiamo alla guerra

Tat'jana Krasnova

Docente presso la facoltà di Giornalismo dell’Università Statale di Mosca Lomonosov, coordinatrice dell’Istituto di beneficenza per bambini “Una busta per Dio“.

In una scuola di Pietroburgo hanno assegnato come compito ai ragazzini di dieci anni «scrivi una lettera al papà al fronte», secondo le indicazioni contenute nel manuale scolastico Testi letterari di L. Klimanova.
Ho provato ad immaginare cosa sarebbe successo se avessero chiesto di scrivere «al papà al fronte» a mia figlia quando aveva 10 anni. Sarebbe scoppiato un putiferio. La mia fantasia riesce a immaginare solo una scenata, un 5 per non aver fatto il compito e la chiamata dei genitori a scuola.
Per farla breve, mia figlia non avrebbe mai scritto una cosa del genere, e in classe avrebbe detto che la mamma non voleva che facesse quel compito.

Alla domanda «perché» un bambino di 10 anni non riuscirebbe a rispondere. Così come non riuscirebbe (spero) ad immaginare il proprio papà in trincea, sotto i cingoli di un carroarmato, nell’ospedale militare con un piede spappolato o le budella sparse di fuori, cieco per una commozione cerebrale o bruciato nel forno di un lager. E poi, ho la vaga impressione che un bambino che fosse capace di immaginare cose del genere andrebbe portato al più presto da un bravo psichiatra, e messo in cura prima che cominci a strangolare i gatti.
Un normale alunno di 5° cose così non se le può immaginare, e allora si stringerà nelle spalle e scriverà per questi adulti beoti una letterina liscia e zuccherosa «al fronte» (ma poi quale fronte? Siriano? Ucraino? Oppure la fantasia infantile deve trasportare il papà in una battaglia della seconda guerra mondiale?).

«Caro papà – scriverà il bimbo – adempi il tuo non facile dovere difendendo la nostra amata patria dall’odioso nemico, io aiuterò la mamma e ti aspetterò a casa, anche se un proiettile dovesse staccarti la testa»… Questa sarebbe di sicuro la soluzione più semplice. Non è difficile insegnare a mentire e a conformarsi all’idiozia altrui. Non ci vuole la laurea. Lo può fare chiunque.
Le conseguenze saranno deprecabili, ma già ci siamo abituati. Noi abbiamo imparato la doppiezza sin da bambini, si abitueranno anche questi. Abbiamo un metodo collaudato.
Ma ditemi, di grazia, credete sul serio che in questo compito si celi un recondito fine antimilitarista?! Davvero pensate che sia per difendere la pace e la nostra storia?

Mi dispiace tanto, ma io ci vedo solo una piccola parte di quella guerra che ficcano in testa ai nostri figli tutto l’anno, notte e giorno, da tutti i teleschermi e le tribune dei mascalzoni sazi e impudenti, che a combattere non ci andranno mai, mentre chissà perché cercano in tutti i modi di far indossare ai nostri ragazzi una divisa e di mandarli in trincea.
E, scusatemi tanto, io la guerra vorrei proprio dimenticarla, perché l’esperienza mi dimostra quotidianamente che questa bella «educazione patriottica» non allontana la guerra ma la avvicina; non suscita orrore ma anzi la libidine, la voglia di «fare fuoco», di «spiaccicare», di far vedere chi siamo.
E perché questi propagandisti sono così convinti che i vecchi che hanno combattuto sarebbero contenti di essere ricordati così? Io posso assicurare che i miei nonni sarebbero orripilati. Loro infatti si erano battuti per vedere il giorno in cui «le nostre ragazze toglieranno il pastrano per mettersi il vestitino», e adesso alle pronipoti cercano di far rimettere il pastrano. Per il momento come mascherata. Ma in fondo, per evitare che perdano l’abitudine.
E poi, forse, anche questo. Sarei contenta di aiutare mia figlia a scrivere una letterina a quei signori che delirano di guerra e cercano di sostituirla alla vita normale, buona, onesta e giusta.

Chiederei, assieme a mia figlia, a chi e perché conviene la guerra: a chi ci perde una gamba o la testa, o a chi se ne sta al caldo e aumenta i capitali. E suggerirei alla bambina di guardare attentamente se per caso non siano quegli stessi signori che hanno intenzione di starsene al caldo a farle scrivere la letterina al papà nella famosa trincea.
Ma temo che una lettera così non piacerebbe a nessuno…